giovedì 7 maggio 2009

Le regole della propaganda elettorale



La prima disciplina organica della propaganda elettorale risale alla legge 4 aprile 1956 ed è riferita agli strumenti di informazione e di comunicazione del quel periodo, in particolare all’affissione murale. Questa normativa non mira tanto e solo alla tutela dei luoghi da un’affissione incontrollata, quanto a garantire una par condicio tra i partiti concorrenti. Spetta ai comuni la distribuzione, tra le forze politiche che partecipano alle elezioni e le organizzazioni fiancheggiatrici, di appositi spazi destinati all'affissione del materiale.
Le spese per la rimozione sostenute dal comune per rimuovere la propaganda abusiva sono a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile. Le affissioni abusive sono sanzionate con l'applicazione di sanzioni amministrative (Legge 515/1993).
La legge vieta anche forme di propaganda luminosa a carattere fisso o mobile e il lancio di volantini.
Nel giorno precedente e in quello della votazione sono vietati comizi, riunioni, affissione di materiale elettorale. Nel giorno della votazione è vietata ogni altra forma di propaganda a meno di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali.
Altre disposizioni che disciplinano la propaganda elettorale riguardano la non applicazione delle leggi di pubblica sicurezza alle riunioni elettorali e la limitazione dell’uso di altoparlanti su mezzi mobili (legge 24 aprile 1975, n. 130, articolo 7).
E’ consentito l’uso dei “gazebo”, purché non presentino, all’interno o all’esterno, simboli, striscioni, manifesti, ecc., mentre sono ammesse le bandiere che servono a identificare la titolarità del gazebo (Ministero dell’interno – Direzione centrale dei Servizi elettorali 14 marzo 2006, n. 41/2006).
È stata ritenuta legittima (Tribunale di Verona, 5 giugno 1999), la distribuzione manuale personalizzata di materiale di propaganda di fronte ai negozi di un centro commerciale.
Per quanto riguarda le pubblicazioni di propaganda elettorale, comunque formate, le stesse devono indicare il nome del committente responsabile (legge 25 marzo 1993, n. 81).
La Corte di cassazione ha precisato che il committente, se risponde sempre dei contenuti della propaganda, non è automaticamente responsabile per l’affissione dei manifesti, salvo che non sia provato un rapporto diretto d’incarico dato da lui agli attacchini per l’affissione vietata.
L'omessa indicazione nel materiale di propaganda del nominativo del committente responsabile non ha effetto invalidante sulle operazioni elettorali ma rileva unicamente ai fini dell'applicazione di una sanzione amministrativa.
Originariamente la violazione della norma era sanzionata con una multa. La Corte costituzionale ha, però, dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale disposizione in quanto prevedeva nel caso di elezioni amministrative un trattamento più grave rispetto a quanto previsto in un'altra norma riguardante le elezioni politiche. Pertanto, ora la violazione è punita con la sanzione amministrativa.
La spedizione postale di materiale di propaganda elettorale è lecita, anche senza l'acquisizione del consenso degli interessati, quando i dati personali, utilizzati ai soli fini della propaganda, sono stati raccolti direttamente da pubblici registri, elenchi, atti o altri documenti conoscibili da chiunque senza contattare gli interessati, o quando il materiale propagandistico è di dimensioni così ridotte da rendere impossibile l’inserimento di una idonea informativa del loro trattamento; viceversa, l’informativa agli interessati è dovuta quando il materiale propagandistico consiste in lettere cartacee, missive o plichi contenenti più documenti anche di dimensioni ridotte. Possono essere utilizzati per la propaganda, senza consenso degli interessati, i dati tratti dalle liste elettorali del comune, dagli elenchi degli elettori italiani residenti all’estero, dalle cosiddette ‘liste aggiunte’ degli elettori di uno Stato dell’Unione europea residenti in Italia, da altre fonti documentali detenute da soggetti pubblici se liberamente accessibili a chiunque.
Partiti, organismi politici e comitati di promotori e sostenitori possono utilizzare lecitamente, senza alcun consenso, dati personali relativi a iscritti e aderenti o altri soggetti con cui intrattengono regolari contatti; altri enti, associazioni ed organismi senza scopo di lucro possono prevedere che tra i propri scopi vi siano anche le finalità di propaganda elettorale che, se perseguite direttamente, non richiedono il consenso.
La normativa relativa alla disciplina della propaganda elettorale si applica anche nel periodo intercorrente tra il primo turno elettorale e quello di ballottaggio.