martedì 26 maggio 2009

La retorica come strumento politico



Parlare bene in pubblico è un’arte antica erroneamente sottovalutata da chi pensa che la televisione l’abbia soppiantata a favore di concetti compressi in frasi concise al punto da risultare degli slogan. Sintetizzare dei pensieri complessi in poche parole è certamente un obbligo per chi si esprime verbalmente davanti alle telecamere ma ciò non significa affatto rinunciare alle regole della retorica che qualcuno ritiene equivalga a un fraseggio barocco e arcaico. La retorica prevede sì lunghi duelli verbali fra i contendenti, ma anche e soprattutto frasi brevi e illuminanti: le stesse che oggi vengono richieste a chi deve affrontare i velocissimi tempi televisivi.

L’importanza dell’apprendimento della retorica e dell’eloquenza risale all’antica Grecia quando a tutti i cittadini maschi si chiedeva di esercitarsi nell’arte di parlare in pubblico per poter intervenire con cognizione di causa nelle corti di giustizia, nelle assemblee e nelle cerimonie pubbliche. Il presupposto che per essere bravi cittadini in grado di giudicare e di essere giudicati bisognava saper parlare in pubblico, è confermato dall’uso del termine retore e oratore per designare proprio i politici.

Nel 390 a.c. Isocrate, che Cicerone considerava il padre dell’eloquenza, fondò una scuola per insegnare ai cittadini a scrivere e a parlare di argomenti politici e Marco Tullio Cicerone stesso in più occasioni dichiarò che la retorica e la cultura umanistica (humanitatem) erano talmente interconnesse da impedire che potesse esistere l’una senza l’altra. E non casualmente il programma di studi predisposto da Quintiliano per l’apprendimento dell’arte oratoria comprendeva la filosofia, la logica, la storia e la religione e aveva l’obiettivo di formare “un uomo perbene esperto nell’arte di parlare”. A quel tempo l’uso della voce era un elemento fondamentale per la riuscita o meno di un discorso e pare che Demostene, la cui arte oratoria era indiscussa, allenasse le proprie corde vocali provando i suoi discorsi davanti al mare per sopraffare il rumore delle onde che si infrangevano sulle rocce.

L’importanza della retorica è confermata nei secoli successivi anche dai criteri di selezione degli studenti dell’università di Harvard che, quando su fondata nel 1643, chiedeva ai suoi studenti di parlare correttamente in latino, di saper declinare vocaboli e verbi in greco e di dimostrare di conoscere l’opera di Tullio Cicero o di altri classici latini. Le materie di studio erano la logica, la fisica, l’etica, la politica, il greco, l’etimologia, la sintassi, la poetica, lo stile e la composizione, l’ebraico, la grammatica e la retorica. Disposizioni ben precise dicevano poi che “…ogni studente deve declamare in pubblico almeno una volta al mese”. Per esercitare questa abilità gli studenti erano invitati ad analizzare i discorsi degli oratori del passato con l’obiettivo di implementare le loro conoscenze sia per quanto riguarda i contenuti sia per quanto riguarda le formule che rendono grande un discorso.

Ancora oggi nei paesi anglosassoni lo studio della retorica fa parte dell’insegnamento scolastico e l’argomentare in pubblico oltre ad essere materia di studio in colleges e università è anche oggetto di competizioni verbali che riscuotono grande successo di pubblico. Gli studenti vengono invitati a dibattere su uno specifico argomento e vengono poi giudicati sulla base della loro capacità ad usare la retorica e argomenti persuasivi piuttosto che dell’onestà del loro punto di vista. Non solo. Vengono anche incoraggiati a considerare l’insincerità come un elemento assolutamente accettabile se aiuta a rafforzare la loro carica persuasiva.

Il giovane futuro presidente degli Stati Uniti Abram Lincoln era talmente convinto dell’efficacia di queste materie che fu un accanito studioso di Cicerone e Demostene ma anche dei discorsi di Falstaff, di Amleto e di Enrico V. Anche Winston Churchill era un appassionato di retorica sulla quale si esercitava, tra l’altro, imparando a memoria centinaia di discorsi. Nel 1953, qualche giorno prima di morire, si narra che recitò al suo medico 86 versi per dimostrare che la sua memoria era intatta. Durante la sua campagna elettorale Churchill tenne oltre 140 discorsi arringando gli elettori nelle condizioni più bizzarre: dall’automobile, dal cavallo, dai davanzali delle finestre, in piedi sui tavoli, nelle miniere a mille metri sotto terra. Lo seguiva ovunque una compagnia di attori che rappresentava episodi della guerra boera alla quale egli partecipò in veste di corrispondente di guerra del Morning Post.

Cicerone e Quintiliano sostenevano che una formazione di base che comprendesse la retorica accresceva il potere di persuasione, sviluppava la capacità di ragionamento e perfezionava la propria lingua madre. Per i Greci e i Romani l’oratoria era quindi un’ arte che si coniugava alla capacità di memorizzazione, l’ars memoriae che, per Aristotele, rappresentava una dei capisaldi della retorica assieme all’argomentazione, allo stile e alla capacità di esprimersi.

Se Quintiliano teorizzò che un buon cittadino è un uomo perbene esperto nell’arte di parlare, la Cia nel 1980 mise in pratica questa affermazione predisponendo un manualetto intitolato Psycological Operations in Guerilla Warfare che fu distribuito dagli agenti americani ai guerriglieri Contras in Nicaragua. Nel testo si enunciavano “le figure retoriche che più frequentemente vengono usate nell’arte oratoria”. “Vi raccomandiamo” scriveva l’autore sotto lo pseudonimo Tayacan, “di ricorrerre con moderazione a questi accorgimenti stilistici perché i loro abuso fa perdere credibilità all’oratore”. Oltre alla cioccolata e alla sigarette gli Stati Uniti somministravano quindi ai guerriglieri figure retoriche come apostrofe, paralissi, litote e interrogazioni. Tayacan scriveva:

Apostrofe: consiste nel rivolgersi a qualcosa di sopranaturale o inanimato come se fosse un essere vivente. Per esempio: “Montagne del Nicaragua, fate crescere il senso della libertà!”.

Paralissi: coinvolge la pretesa di discrezione. Per esempio: “Se io non fossi obbligato a non rivelare i segreti militari, io vi direi tutto ciò che riguarda gli armamenti di cui disponiamo in modo che voi vi sentiate così fiduciosi da ritenere che la vittoria sia assicurata”.

Litote: è un modo per indicare qualcosa di importante pur minimizzando. Per esempio: “I nove comandanti non hanno distrutto molto, solamente un intero paese”.

Interrogazione: consiste nel porsi una domanda. Per esempio: “Se loro avessero assassinato i membri della mia famiglia, i miei amici, i miei fratelli, avrei ancora qualche scrupolo a imbracciare un fucile?”.

Pensare che queste regole che si richiamano alla retorica più genuina non abbiano a che fare con i tempi televisivi è quantomeno azzardato.