martedì 5 maggio 2009

I SONDAGGI ELETTORALI


Il ricorso ai sondaggi, da parte dei partiti italiani, per capire i bisogni e gli orientamenti degli elettori sia in fase di stesura dei programmi elettorali sia durante la campagna elettorale vera e propria, è una pratica diffusa da molti anni. Molto più raro è invece l’utilizzo di società di ricerca e di sondaggi da parte dei candidati ancora molto diffidenti rispetto alla necessità di rilevare le attitudini e i bisogni dei potenziali elettori sul loro territorio. Il motivo di questo atteggiamento va ricercato essenzialmente nella quasi sempre erronea consapevolezza, da parte soprattutto dei politici in carica, di conoscere perfettamente il loro collegio elettorale e di non aver quindi bisogno di ulteriori approfondimenti. Non solo. Quando accade che un eletto commissiona un sondaggio e i risultati di questo si discostano da quelle che sono le sue analisi, normalmente non si fa scrupolo a ritenere che sia il sondaggio ad essere stato fatto in maniera sbagliata piuttosto che ammettere che le sue valutazioni siano imprecise.

E’ dagli anni Novanta, e ancora una volta in concomitanza con l’apparizione del movimento di Forza Italia che non ha mai nascosto la sua dipendenza dai sondaggi e dalle ricerche di mercato, che l’esigenza di conoscere meglio il territorio ha intaccato le pubbliche amministrazioni che, soprattutto a metà mandato, cercano di tastare il polso dell’opinione pubblica per verificare il gradimento dei loro programmi sin lì svolti e per mettere in atto eventuali aggiustamenti rispetto a quelli futuri nell’evidente tentativo di mantenere il consenso necessario per essere riconfermate nelle elezioni successive.

L’uso non sistematico dei risultati dei sondaggi, commissionati spesso in maniera casuale e legati a fatti contingenti piuttosto che a progetti a lungo termine, produce delle inevitabili storture sia nelle procedure con cui si svolgono sia nelle modalità in cui vengono interpretati. La mancanza di una cultura dei sondaggi, intesa come sensibilità verso le esigenze e la mutevolezza dei punti di vista dell’opinione pubblica, induce i committenti a richiederli essenzialmente come conferma di dati già acquisiti piuttosto che come risultati dai quali partire per riformulare o rivedere programmi e progetti. Questo atteggiamento porta le società di ricerca a farsi sovente influenzare da quelle che sono le aspettative del committente compromettendo così l’attendibilità dello studio.

Negli Usa il primo sondaggio politico di cui si ha notizia è del 1824 e fu commissionato e pubblicato dal quotidiano Harrisburg Pennsylvanian in occasione della campagna elettorale che contrapponeva Andrew Jackson a John Quincy Adams. Da quel momento in poi i sondaggi politici divennero molto diffusi e una delle modalità per raccogliere i dati era quella di far dichiarare le proprie preferenze elettorali ai visitatori nel momento in cui si registravano negli alberghi. Il punto debole di questi sondaggi ante litteram era la scarsa cura, per non dire la casualità, con cui venivano individuati i campioni. Celebre a questo proposito è il fallimento in cui incorse nel 1936 un sondaggio svolto da Literary Digest che pronosticava la vittoria del governatore del Kansas Alfred. Landon sul presidente in carica Franklin Delano Roosevelt. La rivista inviò oltre 10 milioni di questionari, a un campione di cittadini scelti dagli elenchi del telefono e dai registri automobilistici, di cui ne furono restituiti circa 2 milioni. Ciò di cui non si tenne conto è che in quel periodo, che coincideva con la grande depressione, i titolari di una linea telefonica e di un’automobile appartenevano alla cosiddetta upper class e che quindi erano automaticamente, in grandissima maggioranza, dei repubblicani. Il campione quindi non rappresentava l’universo dell’elettorato americano ma una sua parte politicamente orientata. Qualche anno prima, nel 1932, il candidato Alex Miller fu il primo ad utilizzare i sondaggi per stabilire quali dovessero essere i temi della sua campagna elettorale. Le ricerche furono eseguite con particolare cura da un gruppo di studiosi capitanato da George H. Gallup che, nel 1936, previse con esattezza scientifica anche la vittoria di Roosevelt. Sia il sondaggio della Literary Digest sia quello di Gallup servirono a diffondere questa modalità per intercettare i bisogni e le aspettative dell’elettorato. Nel 1952 Dwight Eisenhower ricorse ai sondaggi ma unicamente per individuare gli argomenti da utilizzare negli spot televisivi.

Chi ne fece un uso ampio e molto simile a quello attuale è stato nel 1960 John F. Kennedy il soggetto principale della cui campagna elettorale fu lo stratega e sondaggista Lou Harris che sancì definitivamente l’entrata in campo della suo figura professionale quale soggetto chiave di tutte le campagne elettorali nazionali o locali.

Un sondaggio elettorale viene normalmente commissionato per capire quali siano le aspettative dell’elettorato rispetto a un determinato partito o a un determinato candidato.

La prima domanda che si trova su ogni questionario, a tutte le latitudini, è: “Se si votasse domani, per chi voterebbe?”. Scopo di questa domanda, in realtà poco influente sulla conduzione di una campagna elettorale, è sapere a quale schieramento il candidato dovrebbe appartenere per essere vincente o meno.

Un’altra domanda che viene spesso posta mira a identificare la percezione dell’immagine del candidato e del suo avversario da parte dell’opinione pubblica. Più specificatamente le domande sono orientate a individuare se il candidato è conosciuto e, se si tratta di un personaggio pubblico, come viene percepito. Alcune domande sono rivolte anche a conoscere che cosa apprezzano e cosa disapprovano del candidato. Qualche domanda è mirata a conoscere in che misura il candidato è conosciuto e, più precisamente quali aspetti della sua personalità e del suo lavoro sono meglio conosciuti.

Infine vengono poste le domande necessarie a capire quali sono ai problemi ai quali l’opinione pubblica chiede che sia data una risposta. Normalmente viene sottoposta una lista di problemi e alle persone viene chiesto di assegnare loro una priorità in base alla loro importanza. Ci sono poi le domande che richiedono delle opinioni tipo “molto”, “poco”, “abbastanza” rispetto a determinati problemi come ad esempio “E’ importante che siano costruite in città delle piste ciclabili”.

Infine è prevista un’ampia gamma di domande che consentono di avere un quadro delle caratteristiche degli elettori. Queste comprendono l’età, il sesso, il titolo di studio, la fascia di reddito, la professione, il luogo di residenza, il tipo di abitazione. Questi dati vengono quindi incrociati con le altre risposte del questionario e servono a stabilire, per esempio, che le giovani donne che lavorano e di fascia media alta considerano prioritario il problema della sicurezza oppure che i pensionati che vivono nelle periferie ritengono che l’assistenza sanitaria della essere ampliata.

Ovviamente ogni campagna elettorale presenta dei problemi diversi e quindi, in teoria, nessun sondaggio può essere uguale a un altro. E’ quasi inevitabile però che le domande di cui abbiamo detto compaiano su tutti i questionari. In generale le domande a cui deve rispondere un sondaggi elettorale sono:

  1. A quali problemi sono più sensibili gli elettori e che quindi devono essere enfatizzati dai candidati nei loro discorsi e nei loro messaggi?
  2. Che tipologia di elettori sono più in sintonia con il candidato. Una volta individuati questi elettori sarà più facile individuare i mezzi con i quali raggiungerli (discorsi, manifesti, depliant ecc.)
  3. Che gruppo specifico di candidati è ostile al candidato. L’individuazione di questi elettori evita per esempio perdite di tempo o di indirizzare energie senza risultati.

Per prima cosa una società di sondaggi individua un campione significativo. Secondo, sviluppano un questionario da somministrare al campione. Terzo, raccolgono i dati necessari a somministrare il questionario. Infine interpretano i dati.

Posta in questi termini la questione potrebbe apparire relativamente semplice ma l’individuazione del campione è un elemento essenziale per garantire i risultati.

L’ampiezza del campione è determinata dalla risposta a due problemi. Primo, che margine di errore può essere accettato dalla campagna? Secondo. Quanto è il costo che la campagna può sopportare?

Più aumenta la misura del campione, più diminuisce il margine d’errore. In ogni caso l’entusiasmo di molti candidati o partiti nel commissionare un sondaggio con un piccolo margine di errore è normalmente temperato dal fatto che diminuire il margine di errore significa pagare di più.