martedì 26 maggio 2009

La struttura del discorso



Durante una campagna elettorale un candidato tiene centinaia di discorsi il cui contenuto varia in base al contesto cioè al luogo e al pubblico al quale sono indirizzati. Ogni candidato dovrebbe disporre di una parte fissa, una specie di un corpo centrale, normalmente presente in ogni discorso, che cambia poco da pubblico a pubblico. Questo materiale rappresenta la parte centrale del messaggio che il candidato indirizza agli elettori via via che si sposta sul territorio. In America questo aspetto centrale del discorso viene definito dai candidati “stock speeches” oppure modulo del discorso (module speeches). Si calcola che normalmente un candidato tenga circa 30 discorsi alla settimana. Talvolta si è portati a ritenere che per stock speeches si intende lo stesso discorso fatto, di volta in volta, con piccoli cambiamenti.

In realtà, i candidati non tengono sempre lo stesso identico discorso modificandolo di volta in volta in base al pubblico, all’occasione o alle reazioni dei loro avversari. Piuttosto lo adattano a questi fattori.

Uno speech module è una singola unità di un discorso. Normalmente i candidati dovrebbero disporre di un modulo per ciascuno dei temi che trattano durante la loro campagna elettorale. Ogni modulo è un’unità indipendente che può durare da due a sette minuti per ogni problema. La lunghezza di ognuno può variare semplicemente aggiungendo o togliendo esempi, statistiche, illustrazioni, aforismi, aneddoti o altro materiale di supporto.

Ogni modulo si apre con un tema che cattura l’attenzione, quindi il candidato passa rapidamente alla discussione del problema. Se ha del tempo a disposizione può rendere più pregnante il tema spiegando che cosa succederà se sarà eletto e se potrà applicare il programma che ha in mente.

Un tipico modulo si sviluppa comunque in quattro fasi: catturare l’attenzione, descrivere il problema, presentare la soluzione e infine, visualizzarla. Le prime tre sono imprescindibili per qualsiasi modulo. L’ultimo può non essere necessario in quanto potrebbe essere implicito nelle due fasi precedenti.

Molti candidati sviluppano i loro moduli chiave all’inizio della campagna elettorale aggiustandoli via via che i bisogni si definiscono. In aggiunta possono aggiungere dei moduli via via che si presentano nuovi problemi. Quindi, in base al pubblico, all’occasione, e ad ogni altro fattore rilevante, essi stabiliranno quale modulo utilizzare nella maggior parte dei discorsi tenendo conto che comunque ogni discorso viene costruito su misura per ogni specifico pubblico e occasione.

Uno dei principali vantaggi di sviluppare un discorso base utilizzando dei moduli è che il candidato può utilizzarlo in molteplici occasioni. Spesso il sogno di un candidato è di essere invitato a Porta a Porta o a Ballarò. Opportunità come queste devono essere attentamente valutate così come ogni altro invito a prendere parte a incontri o talk show dove gli ospiti possono anche avere a disposizione molto tempo per esprimere i loro concetti. Se i candidati hanno pronti i loro speech moduls per ogni possibile argomento da trattare possono essere sicuri che non avranno problemi. Il modulo, che può variare in lunghezza, si presta già di per se stesso a questo tipo di format. I candidati possono accettare tutti gli inviti con un minimo di preparazione e l’autostima necessaria per sapere che non saranno colti impreparati.

Nell’era della comunicazione il mezzo più potente, e cioè la televisione, non poteva non influenzare anche le modalità con qui un oratore tiene un discorso sia davanti a una cerchia limitata di persone sia davanti a una folla. Una delle abilità che ogni oratore dovrebbe sviluppare è quella di sintetizzare in una frase breve e memorabile il proprio punto di vista se non addirittura il proprio programma politico emulando così, in qualche misura, le formule a cui si ricorre nella stesura dei testi utilizzati nella pubblicità commerciale. “No Martini, no party”, “Always Coca Cola”, “Dove c’è Barilla c’è casa”, “I like New York” sono solamente alcuni esempi di head-lines costruite in modo da favorire una rapida memorizzazione del marchio.

Se si desidera che il proprio discorso venga ripreso dalla stampa non si può certamente pretendere che venga riportato nella sua totalità. Per facilitare il lavoro dei giornalisti è quindi opportuno distribuirlo con l’anticipo sufficiente per consentir loro di sintetizzarlo. Affinché non accada che siano riportati elementi secondari del discorso o che non ne venga colta la sua essenza è necessario inserire con abilità molteplici frasi ad effetto che un giornalista non avrà alcuna difficoltà ad individuare. Si tratta dei cosiddetti soundbites - intesi come elementi dialettici con grande capacità attrattiva e il cui significato inglese si richiama sia ai byte del computer sia a un morso inaspettato quanto incisivo inferto a qualcosa.

Per un leader sintetizzare in una frase un grande concetto significa molto spesso passare alla storia e soprattutto dare al discorso una connotazione “visiva”, al pari di un’immagine. Uno dei testi reputati fra i più visivi è quello redatto da Martin Luther King dalla cella nella quale era stato imprigionato in Alabama: “…quando devi guidare attraverso il paese e scopri, notte dopo notte, che devi adattarti a dormire in un angolo scomodo della tua automobile perché nessun albergo ti accetta; quando sei umiliato giorno dopo giorno dalle scritte che indicano “bianco” e “colored” ; quando il tuo nome proprio diventa “nigger” e il tuo secondo nome diventa “ragazzo” qualunque sia la tua età e il tuo cognome diventa “John” e tua moglie e tuo madre non sono mai state chiamate rispettosamente “signore”; quando capisci giorno dopo giorno e per centinaia di notti che la realtà è che tu sei un negro, che vivi continuamente alla giornata, mai sicuro di quello che ti succederà e sei tormentato dalla paura e dal rancore; quando vivi la sensazione di non essere nessuno – allora capisci perché è così difficile aspettare”. E’ sempre di Luther King il celebre “I have a Dream” mutuato e trasformato con minor successo dal candidato alla Casa Bianca Jesse Jackson in “I have a Scheme”. A Churchill si deve l’altrettanto celebre “Blood, Sweat and Tears” (sangue, sudore e lacrime) e a De Gaulle “Vive Quebec Libre”.

In questi esempi è adottata la teoria della “lista dei tre”. Un metodo da utilizzare quando si tiene un discorso e che si basa sul principio che l’uso di tre parole o la ripetizione dello stesso termine per tre volte in molte culture comunica un senso di completezza e unità producendo un effetto gradevole sia in chi lo pronuncia sia in chi l’ascolta. A dimostrazione viene portato l’esempio delle frasi “Uno, due, tre..via!” oppure “Al vostro posto, pronti, via!” che praticamente in tutte le culture del mondo vengono utilizzate per dare inizio a una gara. E’ per questo che un discorso dovrebbe iniziare sempre con tre parole fra loro connesse come ad esempio “Signore, Signori, Amici”. Un altro esempio dell’uso della “lista dei tre” applicato a un discorso politico è quello che si trova nell’intervento di Nelson Mandela nel 1990 in occasione della sua scarcerazione: “Amici, compagni e fratelli sudafricani. Vi saluto in nome della pace, democrazia e libertà per tutti”. Quello che può essere definito il soundbite , utilizzato dal premier inglese Tony Blair nella sua campagna elettorale nel 1997 fu “Education, Education, Education” e uno di quelli a cui ricorse il premier Silvio Berlusconi nella sua campagna del 2001 fu “Inglese, Internet, Impresa”.