domenica 17 maggio 2009

Quattro donne entrano nel Parlamento del Kuwait

Giornata storica per il Kuwait, dove quattro donne sono state elette per la prima volta in Parlamento, la Majlis al-Umma (assemblea nazionale unicamerale). Le donne avevano ottenuto il diritto di voto e di candidarsi nel 2005, ma sia nelle elezioni del 2006 che in quelle del 2008 non era mai accaduto che una donna fosse eletta. Questa volta l’esercito velato si è dato da fare. Le donne erano il 57% sul totale degli aventi diritto al voto, 16 candidate per conquistare almeno un seggi. Nella precedente consultazione solo il 30% delle aventi diritto era andato alle urne e sul fallimento elettorale era pesata la tradizione tribale di negare la preferenza a qualsiasi candidata donna.




Nell’emirato conservatore, fra le rarissime democrazie del Golfo, il Parlamento conta 50 seggi, il trono è ereditario e il sovrano nomina il primo ministro. Sempre l’Emiro decide quando sciogliere la Camera. I risultati ufficiali delle consultazioni di sabato sono stati annunciati oggi dalla magistratura ai microfoni della tv di Stato. Il Kuwait guida la regione nella lunga marcia della conquista per i diritti politici del popolo. Diversi osservatori, però, sostengono che la stabilità e l’economia abbiano molto risentito di un ruolo eccessivamente forte del parlamento, che l’ha portato a frequenti scontri con i ministeri del governo che sono ancora selezionati e governati dalla famiglia reale. Il voto di sabato è risultato da uno di questi conflitti, che ha portato l’emiro a sciogliere il parlamento e convocare le elezioni, per la seconda volta in un anno.

Una delle elette, Massouma al-Mubarak, era stata anche la prima ministra donna del governo nel 2005. Le altre sono l’attività per i diritti delle donne Rola Dashti, l’insegnante di pedagogia Salwa al-Jassar e la professoressa di filosofia Aseel Al-Awadhi. Entrambe candidate liberali, Awadhi e Dashti hanno in comune anche un passato di studi negli States. Dal voto di ieri è emersa anche un’importante perdita di consenso dei fondamentalisti musulmani, che sono passati da 24 seggi ai 16 attuali. Il Kuwait non riconosce ufficialmente i partiti. I candidati possono essere indipendenti, appartenere a gruppi o rappresentare semplicemente le loro tribù. I kuwaitiani alle urne hanno detto di essere stanchi delle contese fra deputati e membri dell’esecutivo, che hanno portato a tre elezioni e addirittura cinque governi in tre anni. Le crisi politiche hanno di fatto congelato lo sviluppo nel ricchissimo paese petrolifero in un momento in cui si trova ad affrontare la pesante congiuntura economica globale e sono crollati i proventi delle vendite dell’oro nero, che rappresentano il 90% delle entrate del Paese arabo.