martedì 2 ottobre 2007

UDINE E LA RESA DEI CONTI (AH AH AH!!!!)

Giornate di fuoco nella semitranquilla cittadina del nordest. Il conte firmatario di patti scellerati tiene banco sulla stampa locale che gongola davanti a tanta grazia che relega in secondo piano la sonnacchiosa cronaca rutinaria. Rivediamo i termini della questione.
Il conte firma su una carta non intestata una lettera in cui si impegna, in cambio di un sostegno elettorale e una volta eletto, ad assumere nell'ammistrazione provinciale con contratto triennale rinnovabile nel settore della promozione turistica, un tizio che proprio di promozione turistica si occupava (grazie alla sua appartenenza politica) mentre faceva anche il presidente di una banca (grazie alla sua appartenenza politica) e dopo aver fatto l'assessore e il vicesindaco (grazie alla Lega Nord prima e a una sua lista personale poi).
Già detto nell'altro post. Ovunque nel mondo la campagna elettorale è un crogiuolo di promesse e quelle riguardanti un posto di lavoro si sprecano a sud (+) come a nord (-). Proviamo a pensare, tanto per andare sul sicuro, al consiglio di amministrazione della Rai. Che cosa c'è di SOSTANZIALMENTE diverso nel piazzare un tizio in un consiglio di amministrazione (non parliamo poi della presidenza) strapagatissimo (denaro pubblico) e con competenza zero in tema di comunicazioni e sistemare un poveraccio in una direzione periferica? I nomi dei potenziali amministratori (Rai) vengono decisi con ampissimo anticipo (piccolo brunch al Bolognese a Roma, please), prima ancora che scada il governo in carica e si torni ad elezioni. Vabbè, mi si dirà, ma lì non si mette niente per iscritto (cosa tutta da dimostrare). E allora, io dico, il problema è SOLO quello che il nobil'uomo ha sottoscritto un accordo. Non quello di aver fatto l'accordo. E quando i giornali con mesi di anticipo sulle elezioni preannunciano chi sarà il presidente di quello e di quell'altro ente pubblico (denaro pubblico)? E nella stragrande maggioranza (buona maggioranza) si tratta di sgomitatori di professione che mai nella loro vita avrebbero guadagnato, con il loro mestiere, quello che invece incassano proprio in virtù di quella carica. Mai letto dei casini che piantano i partiti se il loro uomo non viene messo alla presidenza di una municipalizzata?
Nella nostra crime scene abbiamo un tizio che rappresenta se stesso (la sua lista porta il suo nome). E' arrivato alla scadenza di tutti i mandati politici, gli corre nel sangue il gene del tour operator e invece di immaginarsi a far flanella (nobilissima attività) vuole andare a firmare un cartellino (forse no, forse i dirigenti ne sono esentati) alla mattina.
Và quindi dal candidato presidente, che pur di un voto venderebbe tutte le ali del suo castello (come tutti i candidati, anche quelli senza castello), e gli dice più o meno: "Senti, qui non mi fido più di nessuno, ci sono persino politici nei dintorni che mi odiano e che mi tolgono il terreno da sotto i piedi (mi buttano sulla strada. ndr). Quindi mettimi la cosa per iscritto altrimenti ti remo contro".
A quel punto il conte, se fosse stato meno emotivo, gli avrebbe giurato onori e cariche ma non avrebbe MAI (in effetti questa pratica di mettere l'impegno in forma scritta è un filino più diffusa nelle regioni basse) firmato un foglio che, c'è da mettere la mano sul fuoco, era stato predisposto dallo stesso questuante (forse lo hanno anche scritto assieme in puro stile Zelig).
Ma la campagna elettorale annebbia le menti, produce accessi di narcisismo, manie di potere e di persecuzione, passioni irrefrenabili, anoressie e bulimie psicologiche di ogni genere.
E' così andò. In tutta questa storia quello che era imprevedibile era che il tour operator in pectore pensasse di sollevare una causa di lavoro (!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! divino!!!!!!!!!!!!). Che spiritaccio! che coup de teatre! A meno che.............. a meno che, considerato che il conte dava troppi segni di cedimento e manie di grandezza (si chiama disturbo bipolare del politico, è una mia diagnosi conosciuta da tempo) il dis-occupato non abbia concertato la mossa con un altro gruppo politico (ca va sans dire, in cambio di un posto di lavoro o una carica remunerata. Meraviglioso! Bisio, parliamone!).
Il problema non sta quindi nella sedicente compravendita di voti ma nel metodo che, in soldoni, signfica nell'aver sottoscritto (nero su bianco) l'accordo galetotto.
Ora, in tempi di caste, di antipolitica non più strisciante, di grilli (!) che spuntano da destra a manca, di penuria di notizie glamour, di troppi candidati sulla scena del crimine (le prossime elezioni) questa vicenda si è trasformata da retrospettacolo in autentico avaspettacolo della politica. Se il tutto viene poi ambientato in un contesto a corto di spunti aggregativi, il gioco è fatto.
Pane per i miei denti e musica delle mie orecchie.....