martedì 24 novembre 2009

CHE COSA SUCCEDE NELLE FILIPPINE




E’ stato un vero e proprio massacro elettorale l’episodio di violenza che lunedì scorso ha interessato le Filippine. Complessivamente sono state uccise 46 persone, ma il numero è destinato a crescere, tra le quali anche delle donne e alcune di queste con una gravidanza in corso. La strage rientra nel turbolento clima politico che da tempo caratterizza le Filippine dove si voterà il prossimo mese di maggio sia per le elezioni politiche sia per le amministrative. Il massacro ha interessato un convoglio di persone che, partito da Amputuan nella regione del Mindanao, stava andando nella capitale per consegnare la documentazione necessaria per candidare a governatore Ismael Mangudadau, vicesindaco di una cittadina della provincia.

La regione del Mindanao, nel sud delle Filippine, è nota per le violente rivalità politiche facilitate, tra l’altro, anche dalla presenza di guerriglieri comunisti e di estremisti islamici. La brutalità dell’assassinio di massa ha messo in luce come la politica di quel paese sia in mano alle faide armate, ai capifamiglia e ai fuorilegge. Nelle lingua locale il termine “rido” si riferisce alle guerre tra clan famigliari e alle relative vendette. In questo frangente le regole del rido, che si accentua in prossimità delle elezioni, sono cambiate. Normalmente si tratta di uccisioni di una persona alla volta, in cui non vengono coinvolte le donne o i non parenti delle famiglie prese di mira. In questo caso invece sono stati assassinate donne e giornalisti che non appartenevano alle famiglie implicate nel regolamento di conti e che sono gli Amputuan e i Mangudadau.

Un poliziotto che ha assistito al ritrovamento dei corpi ha dichiarato che tutte le vittime sono state uccise con colpi di arma da fuoco a breve distanza, alcune all’interno delle loro auto, altre a piedi. “E’ sotto gli occhi di tutti che le Filippine sono in balia delle regole dei clan e dei guerriglieri e che si tratta di mostri creati dal presidente Gloria Arroyo” ha dichiarato Marites Vitug, redattrice di Newsbreak e autrice di molti libri sul rapporto tra corruzione e politica nel suo Paese. “Il governo delle Filippine è solitamente debole e tutela i clan più pericolosi in cambio del loro supporto. In questo caso i killer sospettati sono i Civilian Volunteers, gruppi di giovani uomini organizzati per aiutare la polizia locale nelle attività anti insurrezione. Questi volontari aiutano la polizia, ma sono gestiti da capifamiglia e guerriglieri. I fondi a disposizione della polizia sono limitati e le famiglie dei clan intervengono anche finanziariamente, in cambio dell’immunità” ha riferito la Vitug. Fonti giornalistiche hanno precisato che entrambi i clan coinvolti nella strage sono alleati della presidente Arroyo. Il capo dello Stato Gloria Macapagal Arroyo ha dichiarato lo stato di emergenza in due province dell’isola di Mindanao.

La regione di Maguindanao, una delle più povere del Paese, è dal 2001 in mano alla famiglia degli Ampatuan che è alleata della Presidente Arroyo. Il consigliere politico della Arroyo ha detto di essersi incontrato con Zaldy Ampatuan, governatore della regione autonoma Muslim Mindanao, dove si trova la provincia di Maguindanao, per tentare di sedare la rivalità tra le famiglie degli Ampatuans e dei Mangudadatus. Come ho detto, le elezioni nelle Filippine si svolgono sempre in un clima violento per la presenza di gruppi armati tra cui ribelli islamici che vogliono conservare la propria identità in un paese prevalentemente cattolico, e guerriglieri politici dotati di eserciti privati. Le ultime elezioni che si sono svolte nel 2007 vengono descritte come pacifiche nonostante siano state uccise 130 persone.

A Manila e a Davau sono scesi in piazza oltre 300 giornalisti con una t shirt bianca e con un nastro nero al braccio con la scritta “Basta uccidere i giornalisti”.

http://www.youtube.com/watch?v=66cQH_Q5Gh4