martedì 28 aprile 2009

MANIFESTI O NON MANIFESTI?


E' stato Berlusconi, nel 1994 e via via negli anni successivi, a invadere l'Italia con il suo faccione e il simbolo del suo partito. Memorabile l'affollamento, in quegli anni, di manifesti 6x3 e 100x140 collocati strategicamente nelle posizioni più appetibili. Per non parlare dei vistosi addobbi delle principali stazioni ferroviarie italiane trasformate in set elettorali con totem, striscioni, manifesti retroilluminati.
Quella prima strepitosa campagna di affissioni ha segnato l'inizio, anche per i candidati locali, di una rincorsa al maximanifesto o alle affissioni pre-campagna elettorale.
Un esempio irripetibile e degno di prossimi approfondimenti è la campagna di affissioni messa in atto da un paio di mesi nella circoscrizione nord est, da tal Tiziano Motti, potenziale candidato alle Europee per il Pdl. Anche se il costo delle tasse di affissione è dimezzato nel caso in cui il committente sia un'organizzazione no profit, un partito politico e via dicendo, si è trattato di un enorme investimento di risorse finanziarie.
E' giustificato?

Per me NO.

I poster di candidati locali 6x3 e le affissioni estreme di manifesti 100x140
nella fase antecedente l'indizione dei comizi (apertura ufficiale della campagna elettorale e obbligo a utilizzare solamente gli spazi negli appositi cartelloni elettorali con dei miseri manifesti 70X100) sono un ottimo affare per le tipografie e le società concessionarie di affissione.
Dal punto di vista del consenso, della conquista cioè di voti, che è l'obiettivo della campagna elettorale, la loro influenza è praticamente nulla.
Il loro impiego è giustificato solamente in città con almeno 500 mila abitanti, con ampie periferie e in cui è difficile per il candidato raggiungere fisicamente tutti gli elettori. E in ogni caso il messaggio deve essere tale da discostarsi nettamente da quelli che promuovono eventi, svendite, offerte speciali e commerciali di ogni genere.

Il manifesto con la faccia del candidato è solamente un memo, uno dei promemoria che possono essere utilizzati per associare nella mente dell'elettore il nome a un volto.

Un poster 6x3 per un candidato locale (sindaco o presidente di provincia) non aggiunge alcun contenuto di conoscenza all'elettore. A meno che.... a meno che il manifesto non evochi emozioni speciali grazie al messaggio che veicola, la grafica che utilizza, l'originalità del messaggio stesso. Il che presuppone, da parte di chi lo realizza, professionalità, professionalià, professionalità.

Non c'è candidato alle elezioni locali che non sia certo - grazie alla complicità di un amico fotografo -, di essere un creativo in grado di "vendere" se stesso. Pessima idea.

I manifesti senza un valore da trasmettere sono solo carta. Eppure per un candidato resistere alla tentazione di finire su un poster gigante è un'impresa praticamente impossibile come lo è, ancor più, la pianificazione delle posizioni e dei tempi di occupazione degli spazi che devono rientrare in una strategia complessiva in cui i diversi strumenti di comunicazione si integrano e si supportano a vicenda.

Da oggi il capitolo poster è comunque chiuso e l'unica vetrina a disposizione sono i cartelloni elettorali allestiti dai comuni. Usarli con parsimonia e intelligenza, e soprattutto in maniera integrata alle altre azioni e strumenti di comunicazione elettorale, è il solo modo per giustificarne la stampa. Di carta, durante una campagna elettorale italiana, ce n'è sin troppa.