mercoledì 23 aprile 2008

Ma và là....


Il Times di Londra ha stilato la top ten degli insulti politici più celebri (niente di nuovo, qui davanti ho un libretto della Pinguin dall'eloquente titolo Honorable insults). L'unico attacco non britannico presente nella top ten è quello lanciato da Romano Prodi nei confronti di Berlusconi durante la campagna elettorale del 2006. Il professore durante il secondo faccia a faccia televisivo con il Cavaliere, spazientito per la carrellata di numeri enunciati dall'allora leader del «Polo delle libertà» parafrasando una battuta del premio Nobel Bernard Shaw, commentò: «Berlusconi si attacca alle cifre come gli ubriachi si attaccano ai lampioni». Nella short list non poteva mancare Winston Churchill che spesso freddava i suoi avversari con battute al vetriolo. Tra le sue più celebri invettive il Times ne sceglie due: la prima è quella indirizzata nei confronti di Clement Attlee che lo spodestò dalla carica di primo ministro all'indomani della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. Il leader laburista fu definito dal premier britannico «Una pecora in abiti da pecora» (parafrasando il proverbio «un lupo in abiti da pecora»). La seconda offesa di Churchill ebbe come vittima Sir Stafford Cripps, esponente laburista. Per criticare la sua strategia politica Churchill commentò: «There but for the grace of God goes God»«There but for the grace of God go I» «Se Dio non mi aiuta vado finire così anch'io») che potrebbe essere tradotto più o meno con «Se Dio non si aiuta va a finire male pure Lui». Nella sua carriera lo statista fu investito anche da diversi attacchi. Il Times sceglie quello rivolto nei suoi confronti da Frederick Edwin Smith che disse di Churchill: «Winston ha speso i migliori anni della sua vita a preparare discorsi improvvisati». Secondo il Times l'età dell'oro dell'invettiva fu il periodo vittoriano quando i due politici inglesi, Benjamin Disraeli e William Gladstone si affrontarono per decenni nella Camera dei Comuni anche a colpi d'insulti. Tra questi il Times ricorda l'invettiva di Disraeli che così una volta criticò l'avversario di una vita: «Non ha un solo difetto che si possa redimere». Ma il politico conservatore non era l'unico a non amare Gladstone. Gli storici raccontano che non andasse a genio nemmeno alla regina Vittoria che stanca dei suoi modi rozzi di Gladstone, troppo lontani dall’etichetta di corte, disse di lui: «Il signor Gladstone si rivolge a me come se parlasse al pubblico».
Margaret Thatcher è un altro dei politici più insultati della storia inglese. Il Times sceglie per la top ten due famose offese: la prima è quella del politico conservatore Jonathan Aitken che volendo sottolineare l'ignoranza sulle questioni mediorientali della Lady di Ferro disse:«Probabilmente pensa che Sinai sia il plurale di seno» (dove si intendono i seni nasali). La seconda è l’offesa di Lord St John of Fawsley che così descrisse la Thatcher: «Quando parla senza pensare, dice ciò che pensa». Terminano la top ten la frase del laburista Denis Healey che, attaccato dal ministro thacheriano Geoffrey Howe. proruppe: «E' come essere criticato da una pecora morta» e la battuta volgare di Alan Clark che disse del collega conservatore Douglas Hurd: «Potrebbe avere anche una pannocchia nel sedere».