giovedì 26 marzo 2009

OBAMA CAMBIA LO STILE DELLA SUA COMUNICAZIONE


Parole da “Professore in capo”, più che da “Comandante in capo”. Così è stata definita dal New York Times la performance di Barack Obama di martedì sera nel suo secondo incontro in prime-time con i rappresentanti della stampa a stelle e strisce. Una conferenza stampa della durata di circa un'ora, nella quale non si è visto il grande comunicatore dalle innegabili capacità oratorie che ha tenuto un discorso al Congresso lo scorso mese, né il presidente in grado di discorrere faccia a faccia con i cittadini in incontri pubblici per tutta l'America, né tantomeno l'inquilino della Casa Bianca capace di scherzare e di divertire il pubblico americano ospite del Tonight Show di Jay Leno. A parlare in diretta tv di fronte a una schiera di giornalisti e circa dieci milioni di telespettatori, martedì sera Barack Obama si è presentato nella East Room della Casa Bianca con toni più simili a quelli di un docente universitario che non a quelli tipici del leader del mondo libero. Pacato e mai sorridente, con lunghi discorsi, a molti osservatori è sembrato “noioso” (“arrogante”, a detta di Karl Rove), quasi “come un insegnante che parla nella quiete di una classe dove gli studenti stanno aspettando nervosamente il suono della campanella” ha scritto Peter Baker sul già citato quotidiano newyorkese. L'appuntamento ha concluso un lungo blitz mediatico (da Jay Leno sulla NBC a “60 Minutes” sulla CBS, passando per la ESPN per discutere di pallacanestro) tenuto dal presidente nella scorsa settimana, effettuato con l'obiettivo di mettere fine all'acceso clima di indignazione legato ai bonus dei dirigenti della AIG e di convincere un sempre più scettico Congresso ad accettare le sue proposte in materia di budget. Nel corso della conferenza stampa, alla quale non sono stati accreditati rappresentanti delle maggiori testate Usa (erano assenti Washington Post, NY Times, Wall Street Journal, USA Today), Obama ha difeso a spada tratta i suoi provvedimenti in materia economica, riaffermando il suo desiderio di “combattere la crisi su ogni fronte” e chiedendo agli americani una buona dose di comprensione e pazienza, nell'attesa dell'uscita del Paese dalla recessione. Secondo l'editorialista liberal John Dickerson, il non semplice compito del presidente era “convincere le persone a essere pazienti riguardo alla loro indignazione per il continuo 'bailout' di Wall Street” e, al tempo stesso, “convincerle a essere impazienti nei confronti di riforme fiscali a lungo termine che per anni potrebbero non avere effetti su di loro”. Il tutto, per Dickerson, affiancato al ruolo di “psicoterapeuta nazionale”, al fine di “gestire la rabbia” del popolo americano in questo periodo di crisi. Poche le domande dei reporter sulla politica estera, dato “stupefacente” per la politologa della CNN Gloria Borger, che ha sottolineato il mancato trattamento di questioni quali Iran, Iraq o Afghanistan e i soli accenni a Messico, Cina e rapporto tra Israele e Palestina. Una performance generale, quella di Obama, giudicata dai più come piatta e opaca, ma che non intacca minimamente la posizione di potere rivestita dal presidente e dai Democratici. Sebbene la risposta repubblicana, nuovamente per voce del governatore della Louisiana Bobby Jindal, sia stata più convincente dell'ultimo, disastroso, tentativo (in cui Jindal fu ridicolizzato dai media e paragonato a un attore comico), si registra ancora un'allarmante assenza di leadership tra le fila del GOP. Partito che, aldilà delle dure critiche della stampa conservatrice, nonostante l'opposizione senza se e senza ma alle politiche presidenziali, è incapace di lanciare volti nuovi e carismatici – fenomeno che ha fatto emergere figure secondarie e quasi dannose quali Rush Limbaugh, Joe l'Idraulico o Cindy McCain, figlia del senatore dell'Arizona – e di fare proposte alternative a quelle della maggioranza. “Piuttosto che chiamare il suo programma 'follia di marzo' (riferimento alla “March Madness” delle finali di basket collegiale NdR), perché non presentare una contro-proposta?” si è lamentato dei Repubblicani Robert M. Eisinger, docente di Scienze Politiche all'Università Lewis & Clark di Portland, evidenziando la scarsa lungimiranza e la mancata proposta di alternative da parte della minoranza. Paradossalmente, l'unica vera opposizione alla Casa Bianca proviene in questi giorni da elementi interni alla stessa maggioranza, con il fronte liberal sempre più insofferente dei Democratici moderati e il Senatore Kent Conrad (North Dakota), centrista a capo della Commissione Budget, deciso a ridurre il piano economico del presidente. Scontri di bassa o minima entità, che non fanno perdere il sonno a Barack Obama. Il quale non ha mancato di rilevare lui stesso lo stato di malattia dei suoi avversari: “Il Partito Repubblicano non ha ancora scoperto che cosa vuole rappresentare”. Situazione vantaggiosa che gli permette di agire pressoché indisturbato e, come dimostrato martedì sera, persino risultare noioso agli americani.

L'Opinione delle Libertà Edizione 62 di Giovedì 26 Marzo 2009 www.opinione.it