lunedì 31 marzo 2008

La campagna inguinale







Lungi da me la voglia di contribuire al dileggio del Made In Italy. Perciò la lettura di questo articolo è severamente vietata agli stranieri, in particolare ai razziatori di pulzelle piemontarde e compagnie aeree. Ai francesi, insomma, che secondo Cocteau erano italiani di cattivo umore, ma che a forza di vedere di cattivo umore noi, stanno cominciando a migliorare il loro. Adesso che siamo rimasti in famiglia, vi comunico che non parleremo di rifiuti o mozzarelle, ma di mutande. E non di Napoli, ma di un’elegante città del Nordovest della quale non faccio il nome (Augusta) ma solo il cognome: Taurinorum. In quello che fu il salotto di Cavour, la propaganda dei partiti mira senza paura al cuore degli elettori, magari appena più sotto. I popolari della libertà regalano slip bianchi con l’invito «Rialzati Italia», ma forse nell’approssimarsi del voto vinceranno la timidezza innata e aggiungeranno una confezione di viagra.

La Sinistra Arcobaleno offre cartine per farsi le canne e preservativi. La Lega, lecca lecca verdi «al sapor di menta e non di cetriolo» (par di vederlo, l’autore del raffinato slogan, piegato dal ridere per la battuta). Ancora nessuna notizia da democratici e dintorni: chessò, reggicalze coi gancetti a forma di V, manette erotiche autografabili da Di Pietro e stivaloni che rechino tatuato in pelle «Si può fare», le parole con cui Frankenstein junior rianimava il mostro nel film di Mel Brooks. Speriamo se ne astengano, almeno loro. Gli altri invece non hanno proprio resistito alla tentazione di darmi un buon motivo per non votarli. Massimo Gramellini