giovedì 20 marzo 2008

ISSUES

Rialzati, campagna elettorale, perché più giù non resta nulla da grattare. Adesso siamo alla ridicolaggine delle buste paga, al censimento dell’argenteria mensile intascata dai parlamentari e, nel caso del cinico Veltroni, molto contestata dal preparato Fini ma parzialmente devoluta in lacrimevole e strombazzata beneficenza. I conti della massaia brianzola serbano al confronto una dignità regale. Ma Rosy Bindi non sa fare nemmeno quelli, visto che per lei la mesata dell’italiano medio sfiora i quattromila euri. Gli dèi del piccolo ceto impoverito la perdonino (ma anche no). E questa è soltanto l’ultima voce d’un sillabario politico squinternato nel quale l’elettore di massa, se non fosse già nauseato abbastanza, sarebbe tenuto a valutare tutto fuorché l’essenziale: il decoro. Dalle dispute sulle precarie dell’alta borghesia romana al conteggio dei globuli neri e intemperanti di Peppino Ciarrapico, dal piagnisteo sopra i minutaggi della par condicio al sovietismo festoso e felliniano inaugurato da Bertinotti in via Veneto, dalle celebrazioni archeopropagandistiche romane di Rutelli alle corse forsennate per scoprire se sia possibile lucrare politicamente su qualche milionata di vecchie lire stanziata in Liechtenstein a nome di un cane lupo. E ancora: dalle litanie troppo serie sulla legge elettorale senza preferenze sulla scheda alle controversie poco serie sui così detti “valori”, sempre troppo numerosi e vaghi e chiacchierati per sembrare credibili quando si ritrovano tatuati addosso a sì tanta carne da Parlamento. Da questo a quello e da quello a questo, non ci stiamo risparmiando nulla, meno che mai l’uso maniaco compulsivo dei sondaggi. Ma forse ci stiamo perdendo qualcosa di meno ridondante dei veri e presunti o negati duelli televisivi sui costi della partitocrazia. Qualcosa di meno sensazionale degli indovinelli sulle ultime predilezioni parlamentari del Vaticano.
Le poche anime candide cercano in queste ore un piccolo riscatto morale nella causa tibetana, ed è già tanto. C’è da sperare che il loro numero cresca e bisogna augurarsi che qualcuno rompa con decisione la timida afasia proiettata sull’eventualità di punire la Cina. Epperò a guardare dentro casa non si può dire che faccia difetto il materiale parlante sul quale costruire le proprie vittorie o arrischiare fragranti sconfitte. Basta lavorare per sottrazione, scansare la fuffa e darsi un decoro.