lunedì 31 marzo 2008

Cos’è il voto disgiunto

In base alla legge che regola l’elezione dei sindaci e dei consigli comunali (legge n. 91 del 1993), nei Comuni sopra i 15.000 è possibile il cosiddetto “voto disgiunto” (art. 6, in specie comma 3). Vediamo in cosa consiste.
La legge prevede che ogni elettore concorra ad eleggere direttamente il sindaco e contestualmente (ovvero, valendosi della stessa scheda) possa dare il proprio voto ad una lista di candidati per i seggi in Consiglio Comunale (lista di partito o eventuale lista civica), indicando anche una preferenza.
L’elezione del sindaco e quella del Consiglio Comunale, però, restano distinte anche se contestuali; la logica dell’elezione diretta comporta quindi che si possa decidere di votare per un candidato sindaco e per la lista del partito che si preferisce, anche se non collegata al candidato sindaco che si vota.
Occorre, in questo caso, tracciare una croce sul nome del candidato sindaco e una sul contrassegno della lista preferita, anche se non collegata al medesimo candidato sindaco (e, volendo, aggiungere la preferenza per un candidato consigliere comunale nella lista che si vota).
In questo modo si dà forza al proprio partito in Consiglio Comunale senza necessariamente contribuire all’elezione del candidato sindaco che eventualmente a quel partito sia stato imposto da alchimie partitocratiche.
È il caso di aggiungere che avvalendosi del voto disgiunto non si favorisce affatto, come molti erroneamente credono, il candidato della coalizione avversa a quella del partito che si vota.
Infatti, la legge espressamente prevede che venga eletto sindaco non il candidato che ottiene più voti, ma quello che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi (ovvero, il 50% + 1 dei voti validi, comma 4).
Per questa ragione, è evidente che se il candidato “nemico” ottiene il 50% + 1 dei voti validi, egli diventa sindaco a prescindere dal fatto che i voti a lui contrari si concentrino, o meno, sul suo avversario con maggiori probabilità di vittoria. Viceversa, se ottiene meno del 50% + 1 dei voti, il fatto che gli elettori a lui avversi abbiano rifiutato il proprio voto al suo avversario più forte non è sufficiente a farlo eleggere.
Accadrà, al massimo, che nessuno dei due maggiori candidati ottenga il fatidico 50% + 1 dei voti validi, e che quindi la carica di sindaco venga assegnata con un secondo turno di ballottaggio, che si tiene due settimane dopo tra i soli 2 candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti validi al primo turno (comma 5). Ballottaggio nel quale, evidentemente, ogni elettore che ha esercitato il “voto disgiunto” recupererà in pieno la possibilità di “votare contro” il candidato avverso al proprio partito.