martedì 27 maggio 2008

ON THE LIFE


Volevo viaggiare figlio mio. Avrei voluto quel set di valige su cui siede Catherine Deneuve in procinto, chissà, di arrivare o di partire. Avrei voluto arrivare e partire ogni giorno e forse l’ho fatto. Ma tu mi vedevi solo partire. Miss Trolley. Ti ricordi? Era più importante dell’invenzione del fax e del perizoma per signore. E in effetti sono andata, di qua e di là. Mai sola. C’era l’ansia ereditata che tramanderò e tramanderai. Tu pensi si possa raccontare? Non sono parole o gesti che possano descriverla eppure è facile dimenticare a meno che. A meno che non la si condivida. E così è stato. Dentro a un vagone e fuori dallo stesso vagone. Tutto in un attimo. Mai in autostrada, mai in tanti altri modi sostituiti da rituali e liturgie e magie. Che vita figlio mio! Quante paure, quante velocità inserite e disinserite pur di non fermarsi. E dove? E perché?

Potessi partire ancora! Andare a trovare posti nuovi che diventano familiari con un gesto e un istante. Un cuscino. E non vedere e non sentire per restare più sorpresi aprendo gli occhi e le orecchie. Ho pensato (sognato) a una vita col trolley con dentro te. Ti ho portato nel mio mondo ma non funziona così. Se tu vuoi andare non è detto che l’altro lo voglia fare e così finisce che sei sola. Ma non troppo, sia chiaro. Ci sono le cose da vedere per raccontartele. Marmellate e balocchi e vestitini di cui caricarsi per dire “vengono da là”, da quell’altro mondo che forse è persino vicino ma è altro. Come resistere al diverso anche se scopri che per trovarlo devi attraversare qualcosa? Un’immaginazione, un ricordo, una certezza, un risultato perduto o un sogno incompiuto. Non c’è specchio che tenga. C’è sempre un al di là che a volere trovare si trova e che regala stupore e speranza. Poi si scopre che tutto era più banale ma la passione investita nel cercare quel qualcosa che magari non c’era rimane e si imprime e diventa passione della passione. Così ci si consuma e si sogna e si sbaglia senza sapere di consumarsi, di sognare e di sbagliare. A quel punto si potrebbe cadere. E io invece sento che volo.