giovedì 22 maggio 2008

Ma non finiscono così anche i consulenti?


Piero Longo, almeno lui ha parlato chiaro. «Con questo sistema elettorale non siamo eletti, ma nominati», ha dichiarato durante una udienza del processo Mills l’avvocato del premier Silvio Berlusconi, apprestandosi a diventare senatore. Non che l’andazzo fosse molto diverso con la vecchia legge elettorale: in quel caso c’erano i cosiddetti collegi sicuri, e anche allora in Parlamento entrava (nella stragrande maggioranza dei casi) chi decideva la segreteria di partito. Però la forma, almeno quella, era salva. Adesso nemmeno quella. Il Parlamento è diventato sempre più una questione personale dei leader politici, che possono gratificare a loro piacimento gli amici e i fedelissimi con un seggio alla Camera o al Senato. E Longo è soltanto l’ultimo caso: prima di lui, del resto, altri avvocati del Cavaliere sono diventati onorevoli.

Pur conoscendo le assurdità di questa legge elettorale, questa volta era tuttavia legittimo aspettarsi qualcosa di più. Almeno qualche segnale di ricambio, anche se deciso dall’alto: non fosse altro per le polemiche che avevano investito un sistema politico sempre più ingordo e autoreferenziale, a destra come a sinistra. Uno sguardo agli elenchi dei parlamentari della sedicesima legislatura fa invece sgorgare un fiume di domande.

Per esempio, se possa considerarsi un atto di ricambio politico la «nomina» a senatore di Salvatore Sciascia, già tributarista di Berlusconi, attualmente presidente della Holding italiana quattordicesima, una degli scrigni nei quali sono custodite le azioni della Fininvest, nonché vicepresidente della Immobiliare Idra, la società che gestisce le ville del premier, destinatario di una condanna definitiva a un paio d’anni per le tangenti alla Guardia di finanza. Oppure se fosse proprio necessario mandare in Senato anche il vicepresidente di Mediolanum, Alfredo Messina. E passi per Mariella Bocciardo, ex cognata del Cavaliere (è stata la consorte del fratello Paolo Berlusconi) che nel curriculum si definisce «dirigente di partito », come pure per Sestino Giacomoni, per anni prima portavoce e poi factotum dell’ex ministro Antonio Marzano: entrambi erano già parlamentari dal 2006. Passi anche per Silvio Sircana, fedelissimo portavoce di Romano Prodi: anche lui era già deputato. Ma che cosa ha determinato la candidatura a Montecitorio di Deborah Bergamini, ex direttrice del marketing della Rai ed ex assistente personale del Cavaliere?

Che dire poi della nomina, sempre alla Camera, dell’ex capo della segreteria politica di Claudio Scajola ed ex commissario della Cit Ignazio Abrignani? E di quella dell’ex consigliere politico dell’ex ministro della Difesa (di centrosinistra) Arturo Parisi, Pier Fausto Recchia? Oppure del fatto che nella lista dei neoparlamentari si trovino anche i nomi dell’efficiente ex portavoce dell’ex ministro della Difesa Antonio Martino, Giuseppe Moles e del bravissimo braccio destro di Giulio Tremonti, Marco Milanese? O ancora, erano proprio ingiustificate le polemiche che hanno accompagnato la nomina alla Camera di Luciana Pedoto, già segretaria particolare del ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, esponente di spicco del Partito democratico, che si professa «non raccomandata»? E si potrebbe andare avanti ancora, con una doverosa precisazione: se questi casi appaiono più numerosi nel centrodestra, dipende anche dal fatto che lo schieramento di Berlusconi conta un bel numero di parlamentari in più rispetto all’opposizione.

Per carità, siamo certi che in Parlamento tutti quanti si faranno onore, indipendentemente dagli sponsor. Qualche dubbio invece, esiste, eccome, sul fatto che questo sia il modo migliore per rinnovare la classe politica.