sabato 24 maggio 2008

My lesson

Quando dico che un tizio è un pessimo candidato non intendo dire che sarà un pessimo amministratore. Il mio giudizio attiene al modo in cui comunica durante la campagna elettorale non solo attraverso il programma (basta!!!) ma soprattutto attraverso il suo comportamento che si traduce nel tipo di rapporti che intrattiene con i partiti, le formazioni e i candidati che lo sostengono, nel modo in cui si confronta con gli avversari e, più in generale, con l’immagine di sé che trasferisce all’esterno.

Ebbene, ancora sto parando le frecciate che mi giungono dalla coalizione (perdente) il cui candidato non era esattamente quello che i manuali definiscono, anzi, il mio manuale definisce come “perfetto”.

E quando coloro che lo avevano sostenuto si accaniscono nel ripetere che era il miglior candidato possibile non intendono quel che intendo io. Per farla breve succede che dalle mie parti viene candidato a sindaco un signore un po’ agè ben conosciuto tra i redivivi della prima repubblica, che se la deve contendere con un altro tizio il cui vantaggio competitivo è semplicemente quello di essere il rettore dell’Università nonché l’ospite fisso, per qualche anno, di “Che tempo fa”. Non è che io di Fabio Fazio vada matta (ma è molto, molto carino e gentile) ma mi è piuttosto chiaro quanto si siano gonfiati i petti dei miei concittadini vedendo che per anni il “loro” rettore sia stato pappaeciccia con un personaggio televisivo a dir poco gradevole (e da me adorato ai tempi di Quelli del calcio, con i gol e tutto il resto vissuti attraverso gli occhi degli altri).

E torniamo alla competizione elettorale: il dott. che sfida il prof., per quanto astuto, abile, lesto di mente, poco può contro chi ha scorazzato negli schermi televisivi e indossato l’ermellino.

E infatti il “magnifico” è stato alla fine eletto e non è detto affatto che sarà un buon amministratore. E nulla mi vieta di ritenere che forse lo sconfitto avrebbe gestito meglio di lui strade, parcheggi e rom.

Che cosa poteva fare il dott. per colmare il gap che lo distanziava dal prof.? Il mio parere è che avrebbe dovuto dimostrarsi più glam del magnificent, più raffinato, più conservative chic e decisamente smart. Invece si è preoccupato di mantenere le distanze dai partiti, di credere nelle liste civiche (a quando la loro eliminazione per decreto?) e di assumere l’aria del vicino di casa. Quello che alla mattina si incrocia in ascensore mentre scende in cantina a prendere la bicicletta e alla sera mentre rincasa dalla corsa sudaticcio e con la maglietta con lo sponsor (!).

Eppoi, un candidato “perfetto” tra il primo e il secondo turno non si diletta a disegnare ipotetiche giunte ma si toglie la maglietta, scende dalla bicicletta e – in giacca e cravatta (deve risultare più smart del fabulous) - se ne va a bussare alle porte e a chiedere quel voto indispensabile per colmare i cinque punti di differenza che lo distanziano dal wonderful. Perchè altrimenti succede, ed è successo, che tutti quelli che si ritengono intelligenti (e sono la maggioranza) alla fine corrano a votare per quello che considerano il loro omologo e ovvio rappresentante. Terrific!