lunedì 1 marzo 2010

CONSULENTI E POLITICA QUESTI SCONOSCIUTI


Non è la prima volta che un partito incorre nella gravissima (e ridicola) situazione di essere escluso dalla competizione elettorale a causa di errori formali nella presentazione delle liste o, come è accaduto in Lazio, da una consegna delle stesse al di là dei tempi stabiliti dalla legge e che sono riportati nello scadenzario qui a lato. Qualche anno fa è successo in Puglia, prima ancora in Friuli. Il "caso Lazio" è comunque sorprendente considerata l'importanza di queste elezioni che potrebbero segnare una svolta importante dopo l'affaire Marrazzo. Emma Bonino, imprudentemente presentata dal PD, è una candidata ingestibile e strutturalmente radicale. Ingestibile e radicale sono due aggettivi che mal si coniugano con una carica che prevede l'amministrazione di una delle regioni più complesse, e ingestibili, d'Italia. Ci sono quindi tutti gli ingredienti per ritenere che il centrodestra avrebbe dovuto muoversi soprattutto con quella caratteristica, così latitante nella politica italiana, che si chiama professionalità.
Redigere una lista, predisporre la documentazione, raccogliere le firme, consegnare materialmente la documentazione all'ufficio preposto richiede che tutto avvenga in un ambito denso di impegno e competenza.
Gli uomini (e le donne) della politica e i loro galoppini non amano le formalità, le scadenze inderogabili. In Italia non si contano le ricusazioni di liste le cui firme sono state raccolte in maniera a dir poco disinvolta. E ancora una volta il grande assente è la competenza.
Il caso Lazio, questo, non quello del past governatore, ci rende un paese ridicolo, molto più di altre vicende intricate di escort, trans e intercettazioni. In questa vicenda prevale la superficialità, quella leggerezza che poco ha a che fare con la politica. Mi sento una moralista e bacchettona nel dire questo, ma posso assicurare che se sono io la responsabile "tecnica" di una campagna elettorale un episodio del genere non può accadere.
Un consulente elettorale, oltre a cercare slogan, foto "giuste" e a pianificare gli strumenti di comunicazione, ha un occhio fisso sui contenuti tecnici di una campagna. Chi deve redigere le liste smette di litigare sui nomi alle 6 del mattino e alle 8 qualcuno è in fila con la documentazione completa e inattaccabile. Un consulente serve anche a questo. Se non conosce la legge si documenta oppure, a sua volta, si dota di un consulente legale. Un partito che inciampa in un errore così madornale evidenzia che non esiste una catena di comando, che non c'è una regia unica, che il candidato presidente non ha il controllo totale della situazione. Il problema non è se il tizio incaricato di consegnare la documentazione sia andato o meno a mangiare un panino, ma che quel tizio fosse uno che avrebbe potuto andare a mangiare un panino. Non una persona addestrata alla legalità e alla professionalità. Questa vicenda mi riempie di rabbia comunque vada a finire perchè testimonia come nel nostro Paese non esista la professionalizzazione delle campagne elettorali. Non mi riferisco qui alla politica, capitolo che merita una valutazione a parte.
Una campagna elettorale è una faccenda seria dove esistono compiti e incombenze che devono essere svolte con la massima attenzione a prescindere dai pasticci nei quali si infilano i candidati per i quali la campagna è essenzialmente esaltazione e trionfo narcisista.
E' negli interstizi di questo delirio collettivo che deve insinuarsi e assumere il comando la professionalità di chi questo lavoro lo fa di mestiere.
I consulenti servono a questo. Ma i politici non lo sanno e, talvolta, nemmeno i consulenti stessi.