giovedì 8 gennaio 2009

VOTARE SOTTO I MISSILI


Questo blog ha iniziato a pubblicare articoli selezionati sulla guerra in corso tra Israele e Gaza. Il motivo per cui ho concentrato la mia attenzione su questo evento è che il 10 febbraio in Israele si voterà per le elezioni politiche che vedono contrapposti i partiti Likud, Kadima e Labor. I principali contendenti alla poltrona di primo ministro sono il leader della destra Benjamin Netanyahu (likud), l'attuale ministro degli esteri Tzipi Livni (kadima centro) e il leader del Labour Barak.
La straordinarietà di queste elezioni, la cui campagna elettorale è scandita dai missili che piovono in territorio israeliano e dalle reazioni che colpiscono il territorio di Gaza, è tale da non lasciare indifferente chi di professione guarda agli scontri elettorali come al sale della politica e della democrazia.
Questa stranissima campagna elettorale - che potrebbe teoricamente anche essere sospesa data la situazione di estrema emergenza - ci consente di capire come dei leader sono costretti ad agire per vincere, in questo caso, sia sul fronte interno sia su quello esterno.
Tzipi Livni è una candidata che potrebbe aspirare a diventare la prossima Golda Meir del medio oriente. E lei, che lo sa, sta agendo con straordinaria arguzia e determinazione.
Rispetto alla guerra in corso l'informazione italiana è generalmente di parte o, peggio ancora, equidistante.
D'Alema ha paragonato Hamas a un partito "normale", al potere in quanto democraticamente eletto. La sinistra, in generale, appoggia l'intervento palestinese e continua ad accusare Israele (da sempre visto come un alleato degli Stati Uniti. E con Obama come la mettiamo?) di "sproporzione" nella risposta ai "pochi" razzi lanciati dalla striscia di Gaza.
Come sempre accade, la realtà è molto più complessa. Dal 4 novembre a metà dicembre, quando è scaduta la tregua semestrale con Hamas, oltre 200 razzi erano stati lanciati da Gaza a sud di Israele a seguito dell'uccisione di sei militanti palestinesi nel corso di un'operazione mirata a distruggere i famigerati tunnel che proteggono e alimentano Hamas.
Sempre nella sinistra italiana si è parla dei razzi di Hamas come delle armi giocattolo del tutto rudimentali rispetto a quelle sofisticate utilizzate da Israele e si insiste nel accreditare Hamas (il cui statuto fondativo prevede la distruzione di Israele) come un movimento politico legittimo e legittimato a rispondere colpo su colpo all' "aggressione israeliana".
La questione palestinese si intreccia con quella islamica e rischia di mettere in seria difficoltà il presidente eletto Obama che ben sa come dietro e all'interno di Hamas si agitino quelle forze che hanno determinato l'11 settembre.
In questo contesto i candidati israeliani alla carica di premier stanno mettendo in gioco la loro credibilità sulla base del modo in cui reagiscono alla guerra in atto. Tzipi Livni, e non solo lei, si sta definendo come un "falco" all'interno dell'amministrazione ed è forse proprio questo che l'opinione pubblica israeliana vuole.
Manca un mese alle elezioni e la questione, nonostante gli sforzi (deboli) diplomatici, è ancora del tutto aperta e le forze in campo sono ben più ampie di quanto ci è dato vedere e di quanto in Italia si voglia non solo vedere ma anche capire.