domenica 25 gennaio 2009

OBAMA BOMBARDA I TALEBANI

Pioggia di missili sui mujaheddin in Pakistan. E sull'economia avverte i repubblicani, spiegando che c'è tempo «fino al 16 febbraio» per arrivare all'accordo sulle misure anti-recessione poi i mercati crolleranno
Una pioggia di missili contro i nascondigli dei taleban in Pakistan e la richiesta ai repubblicani di approvare in fretta il piano contro la recessione: Barack Obama inizia a dimostrare aggressività contro gli avversari giocando in contemporanea le pedine a disposizione sui tavoli militare ed economico. Quando alla 9.15 del mattino ha ricevuto il capo della Cia in pectore, Leon Panetta, e i vertici militari per il briefing sulla sicurezza nazionale l’attacco ai taleban in Pakistan era già avvenuto da diverse ore. Una pioggia di missili. Un drone della Cia ha lanciato tre vettori nell’arco di 10 minuti contro una casa del villaggio di Zharki, nel Nord Waziristan, uccidendo tutti i 15 occupanti, almeno 9 dei quali sarebbero mujaheddin, ed alcune ore dopo l’attacco dal cielo si è ripetuto nel Sud Waziristan, provocando la morte di almeno 8 persone. Sebbene Robert Gibbs, portavoce della Casa Bianca, non abbia voluto commentare i blitz, ed abbia mantenuto l’ambiguità sul termine di «guerra al terrorismo», altre fonti dell’amministrazione hanno confermato che si è trattato del primo attacco contro «Al Qaeda e i suoi alleati» lanciato dall’indomani dell’insediamento di Obama. Proprio il presidente era stato esplicito il giorno precedente nell’indicare la regione «a cavallo del confine fra Afghanistan e Pakistan» come la regione-chiave, e il blitz dimostra l’inizio concreto della collaborazione fra Panetta, in attesa della ratifica della nomina, e il Pentagono di Robert Gates. L’attacco contro Al Qaeda anticipa la partenza dell’inviato Richard Holbrooke per il Pakistan e tradisce la volontà di Obama di mettere alle strette Islamabad per ottenere più collaborazione per smantellare le retrovie dei taleban. Un passo, compiuto nel giorno in cui Obama ha promesso al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon «il forte sostegno degli Usa alle Nazioni Unite», che serve al presidente americano per bilanciare da subito l’impressione di non essere sufficientemente duro contro il terrorismo, come lamentato da gruppi di parenti delle vittime dell’11 settembre 2001 che gli hanno contestato la decisione di sospendere i processi di Guantanamo perché allontana «il momento in cui sarà fatta giustizia». Se il briefing con Panetta ha avuto al centro lo scenario di conflitto in Afghanistan-Pakistan, tre ore dopo Obama ha accolto nella Roosevelt Room i consiglieri economici, guidati da Larry Summers, per discutere come accelerare il varo del piano anti-recessione al Congresso. Il problema di Barack sono i repubblicani: ne cerca il consenso puntando a un accordo bipartisan ma il dialogo è tutto in salita. John Boehner, capo della minoranza alla Camera, non ha avuto peli sulla lingua dopo l’incontro alla Casa Bianca: «Siamo molto perplessi su alcuni capitoli di spesa nel pacchetto di misure, come si possono spendere centinaia di milioni di dollari in anticoncezionali? Cosa c’entra questo con stimolare l’economia?». I repubblicani vogliono limitare la spesa pubblica e aumentare i tagli fiscali ma Obama non ha molto tempo: «Serve un accordo entro il 16 febbraio» ha detto ai leader di entrambi i partiti facendo capire che ritardando si manderebbe un segnale negativo ai mercati. Al fine di ottenere una convergenza bipartisan lunedì Obama andrà di persona all’assemblea dei deputati e senatori repubblicani. Ma l’aver fissato una data limite lascia intendere che la flessibilità del presidente è minima. Anche perché alle sue spalle c’è Nancy Pelosi, presidente della Camera, che lo spinge allo scontro: «Andiamo al voto, i repubblicani non voteranno contro».
Paolo Molinari da La Stampa