La filosofia della “risposta contenuta” agli attacchi di Hamas è archiviata per sempre. Il de profundis lo ha recitato il ministro degli esteri Tzipi Livni al rientro da Parigi. L’operazione “piombo fuso” ha chiarito è una forma di “legittima autodifesa”, una risposta adeguata ai razzi che gli integralisti lanciano dalla striscia di Gaza e che sono arrivati anche a colpire città a 40 chilometri di distanza come Be’ersheva e Ashdod, il grande porto sul Mediterraneo. Noi, ha spiegato con spoglia franchezza la responsabile della diplomazia di Gerusalemme, intendiamo “cambiare l’equazione”. In totale sintonia il ministro della difesa Ehud Barak ha riferito alla radio che Hamas ha “sofferto grandi perdite nell’offensiva”, ma che “molti obiettivi militari debbono essere ancora raggiunti”. Il modo di combattere degli israeliani è radicalmente diverso. Sul quotidiano Maariv l’autorevole commentatore Ben Caspit riassume: “La guerra in Libano ha cambiato le regole. Chi nasconde armi in casa deve aspettarsi un razzo dalla finestra”. In troppe occasioni sotto una casa apparentemente innocua è stato trovato l’ingresso di una munitissima galleria – bunker scavata dagli Hezbollah. Troppo di frequente le moschee hanno riservato dolorose sorprese.
Il caso più clamoroso dell’operazione “piombo fuso” è quello di Nizar Rayan, il caporione di Hamas ucciso nella sua casa con le quattro mogli e undici dei dodici figli. Sarebbe stato lui l’inventore della tattica di mandare i civili inermi sul tetto per fermare i raid. In passato l’aviazione di Gerusalemme sarebbe tornata indietro e avrebbe atteso l’occasione di ritrovarlo da solo. In questo caso non è successo. I portavoce delle forze armate dello stato ebraico hanno motivato spiegando che la sua casa, secondo il costume libanese, era usata come deposito e quartier generale e hanno fatto notare che dopo il bombardamento si sono sentite diverse esplosioni. Il quotidiano Jerusalem Post scrive che un raid ha bersagliato la moschea nella quale andava a pregare Ahmed Jabari, giovane comandante delle Brigate Ezzeddin Al Qassam, l’esercito di Hamas. Il bombardamento sarebbe costato la vita all’importante leader della milizia. Nelle prime fasi delle operazioni di terra è stato colpito da una raffica di proiettili anche l’ospedale del campo profughi di Jabaliya. “Israele – ha scritto Ephraim Sneh, ex vice ministro della difesa e presidente del partito “Forte Israele” – non può rassegnarsi ad avere una base missilistica del terrore a cinque miglia da una delle sue città principali, Ashkelon”.