mercoledì 8 agosto 2007
DABLIUVI' & BETTINI
Il Karl Rove italiano si chiama Goffredo Bettini ed è "the brain" di DabliuVì. E' potente come il suo omologo washingtoniano ma, mentre l'Americano dispone di una rete fittissima di relazioni in tutti gli stati d'America, il Nostro esercita il suo potere essenzialmente su Roma e, forse, i dintorni. Và da sè che questo è un limite enorme per chi vuole conquistarsi un "seggio" che richiede una mobilitazione che và ben oltre il Tevere e l'Aniene. Che i due abbiano intrecciato rapporti e alleanze con l'industria e la finanza è ovvio, ma il problema sta nel fatto che manca all'appello tutto quel mondo produttivo che con Roma non ha o non vuole avere a che fare. La sindrome di Roma caput mundi è piuttosto rischiosa e impone l'individuazione di tanti omologhi sul territorio tante quante sono le "circoscrizioni" di queste primarie all'arrabbiata. Ma gli omologhi, e i Due dovrebbero ben saperlo, sono pericolosissimi perchè, giunti in prossimità del soglio, potrebbero rivendicare dei diritti oppure semplicemente abbattere quella che vedono come una nomenclatura che si comtrappone alle loro velleità.
Ma l'"operazione primarie" presenta dei punti debolissimi che certamente il Cervello conosce e che sono essenzialmente, primo fra tutti, la mancanza di meccanismi reali di controllo.
Così, come si è messa, si potrebbe immaginare che - se il bug delle primarie di estende - di qui a qualche anno in Italia potrebbero andare a votare (come in America) solo gli iscritti (volontari) alle liste elettorali.
Il chè, tutto sommato, non sarebbe male. Quanto meno avremmo il piacere di sapere finalmente da che parte un individuo sta. E gli imprenditori, il mondo della finanza e via via tutti quelli che vogliamo, inizierebbero - così come accade negli States e come accade già anche dalle nostre parti (il nostro Rove lo sà?) - a finanziare entrambi gli schieramenti. E che vinca il migliore.
Ma è proprio questo meccanismo, qui sintetizzato in maniera estrema, che da anni anima il dibattito della politica americana e della relativa opinione pubblica che delle primarie ne farebbe volentieri a meno e che proprio alla farragionosità di questo sistema attribuisce, ad esempio, la scarsissima partecipazione al voto.
In una fase di transizione come quella attuale l'operazione all'italiana potrebbe però funzionare almeno per il tempo necessario a mettersi i galloni di premier. Poi, sarà quel che sarà.
L'esodio a Torino è stato giustificato con la necessità di affrontare da subito la questione settentrionale (l'area geografica dove i Due non dispongono di un controllo capillare del territorio e i loro sodali non sono sempre affidabili come sembra...) ma c'è anche una questione meridionale aperta (D'Alema al sud dispone di una straordinaria rete di relazioni). Ciò che Goffredo deve quindi fare è di costruire, e in breve tempo, un network di fedelissimi disseminati dal nord al sud e che garantiscano quell'en plein senza il quale questa manovra avrebbe ben poco senso. E qui entrano in gioco i diellini che, in alcune zone, possono risultare estremamente utili alla causa. Rutelli permettendo. Rutelli permetterà? Certamente! ma non senza una firma di garanzia che il Cervello deve cercare di estorcere anche a Bindi che, dalla sua, avrà il mondo della mestizia e della devozione al quale, nonostante il suo ecumenismo DabliuVì non è ancora approdato a meno che... a meno che Bindi non sia già (come dovrebbe essere se le pedine sono state mosse con la necessaria perizia) uno degli elementi del gioco complessivo che ha per obiettivo il premierato di DabliuVì. Che sarà però qualcosa di più, qualcosa che ancora (almeno nel nostro paese) non conosciamo almeno in termini di immagine e di gestione del potere.
Quello che in questo momento certamente sta facendo il Cervello è individuare i possibili avversari (i dopo Berlusconi, per intenderci) e cooptarli nel Nuovo partito. Questa è la parte più sensibile del suo lavoro per svolgere il quale deve però entrare nell'ottica di idee che Roma non è caput mundi ma quasi. E sul questo "quasi" bisogna ragionare.
Ma l'"operazione primarie" presenta dei punti debolissimi che certamente il Cervello conosce e che sono essenzialmente, primo fra tutti, la mancanza di meccanismi reali di controllo.
Così, come si è messa, si potrebbe immaginare che - se il bug delle primarie di estende - di qui a qualche anno in Italia potrebbero andare a votare (come in America) solo gli iscritti (volontari) alle liste elettorali.
Il chè, tutto sommato, non sarebbe male. Quanto meno avremmo il piacere di sapere finalmente da che parte un individuo sta. E gli imprenditori, il mondo della finanza e via via tutti quelli che vogliamo, inizierebbero - così come accade negli States e come accade già anche dalle nostre parti (il nostro Rove lo sà?) - a finanziare entrambi gli schieramenti. E che vinca il migliore.
Ma è proprio questo meccanismo, qui sintetizzato in maniera estrema, che da anni anima il dibattito della politica americana e della relativa opinione pubblica che delle primarie ne farebbe volentieri a meno e che proprio alla farragionosità di questo sistema attribuisce, ad esempio, la scarsissima partecipazione al voto.
In una fase di transizione come quella attuale l'operazione all'italiana potrebbe però funzionare almeno per il tempo necessario a mettersi i galloni di premier. Poi, sarà quel che sarà.
L'esodio a Torino è stato giustificato con la necessità di affrontare da subito la questione settentrionale (l'area geografica dove i Due non dispongono di un controllo capillare del territorio e i loro sodali non sono sempre affidabili come sembra...) ma c'è anche una questione meridionale aperta (D'Alema al sud dispone di una straordinaria rete di relazioni). Ciò che Goffredo deve quindi fare è di costruire, e in breve tempo, un network di fedelissimi disseminati dal nord al sud e che garantiscano quell'en plein senza il quale questa manovra avrebbe ben poco senso. E qui entrano in gioco i diellini che, in alcune zone, possono risultare estremamente utili alla causa. Rutelli permettendo. Rutelli permetterà? Certamente! ma non senza una firma di garanzia che il Cervello deve cercare di estorcere anche a Bindi che, dalla sua, avrà il mondo della mestizia e della devozione al quale, nonostante il suo ecumenismo DabliuVì non è ancora approdato a meno che... a meno che Bindi non sia già (come dovrebbe essere se le pedine sono state mosse con la necessaria perizia) uno degli elementi del gioco complessivo che ha per obiettivo il premierato di DabliuVì. Che sarà però qualcosa di più, qualcosa che ancora (almeno nel nostro paese) non conosciamo almeno in termini di immagine e di gestione del potere.
Quello che in questo momento certamente sta facendo il Cervello è individuare i possibili avversari (i dopo Berlusconi, per intenderci) e cooptarli nel Nuovo partito. Questa è la parte più sensibile del suo lavoro per svolgere il quale deve però entrare nell'ottica di idee che Roma non è caput mundi ma quasi. E sul questo "quasi" bisogna ragionare.