giovedì 27 settembre 2007

NOMEN OMEN

Ci voleva l'avatar di Vanna Marchi per ricacciare i politici e i loro anfitrioni a parlare di comunicazione. In tempi di pensieri modesti la volgarità ha sempre una certa presa, come dire che la causa è anche di chi la politica la fa e non riesce ad esprimere uno straccio di autorevolezza.
In questi giorni mi sento molto più incline a parlare di bon ton piuttosto che di contenuti politici ed è singolare assistere invece a disquisizioni che non entrano nel merito della parolaccia.
Per quanto mi riguarda (sono una specie di Pinocchio di legno, senza cervello e senza orecchie) gli insetti parlanti mi hanno fatto sempre piuttosto impressione, diciamo pure un po' di orrore. Non ricordo bene l'anno esatto ma è successo che in un triste capodanno (anzi, triste alla fine non lo fu affatto!) gli auguri a reti unificate del capo dello Stato furono seguite da un volgarissimo soliloquio di chi aveva già capito, ah! adoro i trendsetter!, come andavano o sarebbero andate le cose. Forse ero terribilmente ingenua ma, mentre sentivo quella valanga di parole profondamente volgari, ero certa che il giorno successivo i giornali avrebbero gridato allo scandalo per come i poveri italiani erano stati costretti a finire un anno. Fatto sta che non successe niente. Nessuno disse nulla e l'insetto parlante passò quasi inosservato se non a me, irritata e leggermente scandalizzata.
Durante una campagna elettorale in Liguria ebbi modo di approfondire - nei corridoi di una sinistra piuttosto confusa - le caratteristiche dell'animale in questione con un particolare riguardo al suo standar di vita che, mi raccontarono, era piuttosto agiato. Ben più agiato, ad esempio, di quello dei miei candidati, di sinistra. L'individuo, mi dissero, se la cavava nella vita piuttosto bene grazie ai cachet piuttosto importanti ma, mi dissero anche, serviva alla causa e quindi.... La sinistra ha sempre avuto una sorta di misterioso "riguardo" per i "compagni ricchi" siano imprenditori sia intellettuali categoria, quest'ultima, nella quale i miei occhi hanno visto una lista di nomi tra i quali svettava anche quello di questo. Questo, è l'insetto. Deve esserci stato un processo kafkiano con la Marchi che, chiusa in una stanza, si è lentamente trasformata...

Genere Gryllus Classe Insetti Ordine Ortotteri
grél (5-9) grèl (7) gréll (4-5) grìl (6) gril (1) grill (2-3-8)
Patrono: san Francesco d’Assisi

Il grillo è stranamente un insetto gradito dall’uomo, benché non sia particolarmente bello, né utile (è anzi un po’ dannoso alle colture). Questi animaletti, per il loro comportamento pazzerello e l’allegria che il loro canto infonde, sono simbolo di gaiezza e bizzarria. Nel Ferrarese si dice infatti Avèr dj gril par la testa (Avere dei grilli per la testa), a chi fa capricci, mentre nel Reggiano, con L’ée alègher come un gréll (È allegro come un grillo), s’indica chi è sempre contento e canterino. Porta sempre fortuna e ricchezza sentire il suo canto o vederne uno posato sui vestiti.Uno dei grilli più amati è il cosiddetto grillo del focolare. Ad esso veniva riservato un trattamento di riguardo, perché si credeva fosse una sorta di genio tutelare della casa. Vederlo era di buon auspicio, e mai nessuno si sarebbe sognato di scacciarlo o di disturbarlo. Tale considerazione pare derivare dalla credenza che nei grilli di casa s’incarnino le anime dei morti, tornate nella propria dimora per far visita ai congiunti.Osservando il comportamento di questi insetti si facevano previsioni sul tempo e i raccolti. A Piacenza si dice ad esempio Quand canta l’gri al brütt teimp l’è finì (Quando canta il grillo il brutto tempo è finito).Generalmente si crede che l’abbondanza di grilli sia presagio di carestia; e a questo proposito, nel Carpigiano, si racconta una divertente storiella. In essa si narra di un frate cercatore - quelli che elemosinavano cibo di casa in casa - alle prese con un villano che gli aveva appena donato un sacchetto di noci. Parlando del più e del meno, il villano chiese al frate come mai in quell’anno ci fossero tanti grilli.Il frate, gentile, rispose con un proverbio: «Gran grilleria, gran carestia».Il villano, temendo il peggio, si scusò, e riprese le noci appena donate.Poco più in là, il frate incontrò un altro contadino che lo accolse con la solita domanda: «Frate, perché quest’anno ci sono tanti grilli? »Senza pensarci due volte, il frate rispose. «Allegria, non conosci il proverbio: Gran grillansa, gran bundansa (Gran grilleria, grande abbondanza)»?Un comune passatempo dei ragazzini era quello di catturare i grilli, specie quelli "canterini", detti in Romagna grel mariân (grilli mariani), perché attivi soprattutto in maggio, mese dedicato a Maria. Per catturarli s’introduceva un pagliuzza nella loro tana, frugando a lungo nel tentativo di stuzzicarli. Ben presto questi, furibondi, si attaccavano alla pagliuzza, che rapidamente veniva estratta con l’ambita preda. In alternativa, ma così il gioco era meno divertente, si allagava la tana con l’acqua, costringendoli a uscire. L’Andèr in zàirca ‘d gréll(5) (L’andare in cerca di grilli) era perciò svago da bambini, da che, per traslato, equivaleva mettersi a cercare cose di poco conto, a perdere tempo. Nel Bolognese, a chi alterna momenti di apatia e pigrizia, ad altri d’intensa attività, si dice Fèr cum fa ‘l grell, che o ‘l salta o al sta fàirum (Fa come il grillo, che o salta o sta fermo).È infine diffusa la credenza che il suo canto maturi le uve. La superstizione ha in effetti un fondo di verità, dato che il grillo canta quando fa molto caldo, condizione indispensabile affinché l'uva possa maturare.