martedì 8 luglio 2008

TRE MITI ETERNI

GIROTONDI E PD di Ernesto Galli Della Loggia

Neppure gli organizzatori si aspettano che alla manifestazione dei girotondi di domani a Roma partecipino più di alcune migliaia di persone. Ciò nonostante, come si è visto in questi giorni, una simile adunata di persone certo non oceanica, appoggiata solo da un partito forte di appena il 3% dei voti ma da nessuna organizzazione di massa, da nessun sindacato, è in grado di mettere in grave imbarazzo il Partito democratico, di creare forti tensioni sia alla sua base che tra i suoi esponenti di vertice. Com'è possibile?

È possibile perché l'iniziativa girotondina, pur avendo alle spalle ben poche forze, evoca però tre grandi miti che dominano da sempre l'immaginario e la pratica della sinistra italiana.

a) Il primo mito è quello delle «due Italie», delle quali, come è ovvio, la sinistra si sente sempre chiamata a impersonare (e come potrebbe essere altrimenti?) l'Italia dei Buoni. Dei «buoni italiani » in lotta perenne contro gli «italiani alle vongole », gli italiani cattivi i quali invece hanno, loro soltanto, il monopolio di tutti i vizi del Paese: calpestano le leggi, evadono le tasse, parcheggiano in seconda fila e non amano né il Csm né il protocollo di Kyoto. Sarebbero dotati addirittura di un altro Dna, come ha suggerito appena ieri Nanni Moretti. È una visione rassicurante (se vinci è perché ragionevolmente alla fine il bene non può che trionfare; se perdi è perché, altrettanto ragionevolmente, i furfanti, come si sa, trovano sempre il modo di avere la meglio) ma ha soprattutto il grande vantaggio di semplificare radicalmente ogni questione, e di alimentare così, anche per questa via, b) il secondo mito, che è quello dell'«unità». Unità che ha la sua principale raffigurazione nella fatidica «manifestazione unitaria »: come per l'appunto pretende, vuole a tutti costi, esige assolutamente di essere quella di domani, anche se, piuttosto paradossalmente, essa è indetta da una sparutissima minoranza. Ma tant'è: come potrebbe giustificarsi infatti la divisione dei buoni di fronte al male? Solo in un modo, semmai, e cioè solo con il più o meno celato passaggio di una parte dei buoni stessi nel campo nemico. Ed è precisamente questo il ricatto che fa capolino di continuo dietro il mito dell'Unità: se non stai con noi, già solo perciò vuol dire che almeno per una parte stai potenzialmente con «gli altri». Il mito dell'Unità diviene così la premessa necessaria del mito del Tradimento. Entrambi, insieme al mito della «Nazione dei buoni », tendono sempre, comunque, a porre la politica fuori dell'ambito suo proprio: a farne un'appendice della morale. Non a caso Vincenzo Cerami ha definito «bacchettoni di mestiere» gli organizzatori della manifestazione di domani. Parole ruvide che però servono bene a indicare il c) terzo mito che domina immaginario e pratica della sinistra: il mito del moralismo.

Il moralismo è il modo classico in cui la sinistra declina la tendenza all'antipolitica che da sempre, e oggi più che mai, alligna anche nelle sue file. Laddove la destra è abituata a declinare l'antipolitica nelle forme del disincanto qualunquistico spinto fino al cinismo, la sinistra, invece, l'incanala in quelle dell'eticismo condotto al limite dell'arroganza di tipo razzista. Ma pur se nelle forme del moralismo l'antipolitica non cessa per questo di adempiere la sua funzione abituale. Che consiste nel rendere superflua la fatica di pensare, di misurare, di distinguere; e nel considerare un pavido, un misero emulo del «sor Tentenna», chiunque a tale fatica non intenda rinunciare.

Ecco dunque qual è la vera forza dei girotondini. È la minaccia che immediatamente pesa su chi osa, a sinistra, dissentire da essi; la minaccia cioè di vedersi accusati di mettere in dubbio tre grandi capisaldi dell'ideologia diffusa della sinistra stessa: la convinzione di avere il copyright del bene, di dovere essere tutti uniti contro il male e, infine, che si è puri solo se si è duri. Il problema, insomma, non sono poche migliaia di «girotondini». Come quasi sempre accade in Italia, il problema sono i nodi che la storia ha intrecciato e che ora è maledettamente difficile sciogliere.
dal Corriere della Sera