giovedì 26 giugno 2008

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Mi sono momentaneamente lasciata per mettermi momentaneamente con un' altra che si chiama J. Austen. E' finita nel migliore dei modi: rimettendola sullo scaffale A alla fila 6 posizione 23. In caso di battaglia navale sappiamo chi bombardare.
A questo proposito è bello sapere di non essere un soggetto intercettabile ma, nel caso in cui ci sia un magistrato in cerca di passatempi pruriginosi, non esiti a appollaiarsi sulla mia linea Tim, la opzione flat, l'Asus compreso e tutto quell'intrigo di fili reali e virtuali che conducono al mio chiacchiereccio che proverebbe, ma ce n'è bisogno? che ne so una più del diavolo (the Evil). So, ad esempio, che Fini può avere/essere/ un'aria molto sexy, che Berlusconi è perseguitato dalle veline in carriera, che Red è una mia vecchia idea (Red come categoria dello spirito ideologico), che Prodi dice "Ah, se ci fossi io!" senza sapere dove ma ne è molto convinto, che Alfano si sta smarrendo come nel codice da vinci, che DabliùVì non tira nemmeno su eBay, che in estate una festa black tie è poco indicata.
Il magistrato curioso scoprirebbe anche che fashion&politics per me sono pappaeciccia dopo aver detto e ridetto che Michael Patrick King, director di Sex and the City movie, avrebbe assai migliorato il prodotto se avesse ambientato il plot in un nugulo di politician boy friends. Ferma restando NYC (che è il soggetto, città, che ha finanziato l'intera operazione facendosi finanziare da sarti e scarpai a loro volta finanziati da cinesi e vietnamiti) le nostre (mie) amiche si sarebbero districate, al di là dei loro apprezzabili e adorabili guardaroba, in un contesto che forse avrebbe avuto l'approvazione del critico de The New Yorker che ha così sintetizzato la sua dotta opinione: "The Lying, the Bitch, and the Wardrobe" . Considerato che tra me e il New Yorker c'è un certo abisso riguardo alla notorietà (qui dalle mie parti non ci sono molti snob a leggerlo) e che tra me e le ragazze di Sx&C c'è una certa consonanza (così come tra loro e TUTTE le ragazze del mondo) posso dire al signor Critico - che certamente avrebbe preferito delle fanciulle attempate sì, ma liberal - che Sx&C è una parodia (parody) di tutte quelle signore e signorine che, uscite indenni dall'orrida influenza dei figli dei fiori e del relativo ciabattume, ritengono che la qualità della vita passi anche (e perchè no?) da un vestito di Carolina Herrera o una gonna di Vera Wang, i tacchi di Manolo, un ristorante nell'East Side, le borse vere o false di Vitton.
Capisco che nel cuore di ogni liberaldocveryleftsomegauche c'è il desiderio di abolire la moda e di ritornare ai sobri completini alla Mao e di abbattere con le armi o mettere alla gogna le migliaia di stravaganti ragazze che si uccidono per accaparrarsi un paio di panties da Victoria's Secret, ma c'è una buona parte di loro che riesce a sopravvivere, e divertendosi, senza abortire (per carità, chi ne necessiti lo faccia pure!), mettersi gli zoccoli o i flip flap o vomitare davanti a Vogue il cui editore fa pubblicare (in terra americana, of course) contemporaneamente una stroncatura e un'apologia allo stesso film. C'est le marchè, ma belle. Vorrei anche dire, il mio intercettatore certamente lo sa già, che il film io non l'ho ancora visto e che parlo solamente sull'onda delle sei stagioni televisive a cui sono stata modestamente (!) fedele. E che so che il film è una faccenda ben diversa (prima che uscisse non sapevamo niente, adesso sappiamo troppo) dai rapidi episodi dell'HBO. Il Critico, che comunque imbecille non è, puntualizza che due ore e un quarto di Carrie & friends sia un pò troppo: "When Garbo made Anna Karenina in 1935, she got happy, unhappy, loved, left, and under the train in less than a hundred minutes....".
E riporta anche una gag piuttosto simpatica: "Something just came up" Samantha murmurs over the phone, as her boyfriend stands beside her in the bulging brief....
Adoro parlare bene di film senza averli visti e per partito preso.